A partire dall’8 marzo 2016, infatti, la trasmissione Striscia la Notizia di Canale 5 ha lanciato una serie di servizi riguardanti degli accertamenti immobiliari ai fini dell’imposta di Registro e in cui vengono contestati i valori della vendita di alcuni immobili, definendo l’operato dell’Agenzia delle Entrate “estorsioni legalizzate”. A corredo deireportage, la trasmissione riporta un elenco di azioni che dovrebbero essere intraprese nei confronti dei funzionari delle Entrate, e in particolare:
- Obbligare il funzionario ad acquistare l’immobile o il terreno al prezzo della valutazione fatta da lui
- Fare una class action
- Denunciare il funzionario per estorsione
- Denunciare il funzionario per danni materiali e biologici
- Far pagare le perizie e tutte le spese processuali al funzionario se l’Agenzia perde la causa
- Trovare l’indirizzo del funzionario che ha firmato e bruciargli la casa
In data 15 marzo l’Agenzia delle Entrate diffonde un comunicato stampa in cui condanna con fermezza i toni e le modalità con cui è stato esercitato il diritto di cronaca da parte di giornalisti e autori della trasmissione. Nel merito dei casi trattati, sottolinea inoltre che la redazione di Striscia la Notizia non ha mai chiesto alle Entrate di poter verificare la correttezza e la genuinità delle affermazioni riportate nei vari servizi, non consentendo così all’Amministrazione di poter riscontrare errori o inesattezze nell’operato degli Uffici relativamente alla gestione delle singole pratiche di accertamento fiscale.
La trasmissione, poche ore dopo, invia un comunicato stampa di risposta in cui precisa che i servizi in oggetto sono frutto di numerose segnalazioni di cittadini disperati e che, anche se le soluzioni proposte dai segnalatori sono più che azzardate, non si possono ignorare le condizioni di difficoltà in cui spesso si trovano queste persone. Infine, la volontà dell’Agenzia di intraprendere eventualmente azioni legali a tutela della propria immagine e della sicurezza dei propri dipendenti viene letta nella nota di Striscia come un possibile tentativo di imbavagliare la trasmissione e i segnalatori.
In data 16 marzo la trasmissione torna sul tema delle presunte “estorsioni legalizzate” messe in atto dall’Agenzia con un quarto servizio, all’interno del quale si accenna, tra l’altro, a presunte segnalazioni da parte di funzionari delle Entrate i quali precisano che a prendere i premi incentivanti legati alle attività di accertamento sono i dirigenti e non loro.
In data 17 marzo l’Agenzia, a seguito di ulteriori servizi e dell’anticipazione della presenza di un sedicente funzionario del Fisco non riconoscibile in trasmissione, prima dell’inizio della puntata in programma la stessa sera, invia una nota all’agenzia di stampa Ansa, in cui precisa che l’elenco di azioni, suggerite dai segnalatori e mandato in onda più volte nel corso delle puntate, assume la forma di una vera e propria istigazione a commettere reati. Per questo motivo lo stesso suggerimento e altre gravi allusioni riferite ai dipendenti dell’Amministrazione sono stati segnalati alle autorità competenti. L’Agenzia chiarisce che l’intento non è quello di minacciare qualcuno né tanto meno di imbavagliare la libera stampa, ma piuttosto quello di affermare il principio ineludibile di legalità che orienta l’azione delle Entrate.
Inoltre, l’Amministrazione puntualizza che non esiste – come si lascia intendere nella trasmissione – una stretta correlazione tra il singolo controllo o accertamento e il premio annuale attribuito al dirigente. Il trattamento accessorio, infatti, è conferito dopo una valutazione complessiva del suo operato annuale, che si basa sul raggiungimento degli obiettivi complessivamente assegnati alla struttura da lui diretta e sulla valutazione delle capacità gestionali e professionali.
Infine, nella nota viene ribadito che Striscia non ha mai chiesto alle Entrate di poter verificare i singoli casi nell’ottica della trasparenza e collaborazione.
Dai pochi elementi a disposizione, desumibili esclusivamente dai servizi trasmessi, l’Agenzia ha potuto verificare cinque casi.
Nel primo caso, trattato nella puntata dell’8 marzo, il locale oggetto del servizio viene indicato con superficie di 75 mq. In realtà, come si legge nell’avviso di rettifica emesso dalle Entrate, la superficie è di 97 mq. Inoltre, il locale in questione risulta ben conservato, ubicato in posizione centrale e in una via discretamente commerciale. Sulla base di questi elementi è stato rettificato il valore del locale, prendendo come riferimento non solo la banca dati OMI e i valori medi di mercato nel periodo d’interesse, ma anche quelli di BIR (Borsa Immobiliare di Roma), Borsino.net e altri atti di compravendita di immobili con caratteristiche simili.
Nel secondo caso, quello riportato nel servizio del 14 marzo, Striscia tratta della cessione di un terreno di 17.000 mq erroneamente definito non edificabile e con vincolo boschivo. In realtà si tratta di un terreno edificabile in quanto inserito nel NPRG in zona ‘Città da ristrutturare’ con destinazione ‘verde pubblico e servizi pubblici’ ed indice di edificabilità dello 0,04 per cento (sviluppa una superficie edificabile di 680 mq).
Nel terzo caso, oggetto del servizio del 16 marzo, l’ufficio competente ha eliminato l’errore. In ogni caso il riferimento alla superficie del locale – 29 mq – è sbagliato. In realtà, infatti, la superficie catastale lorda risulta pari a 49 mq.
Nel quarto caso, oggetto del servizio del 21 marzo 2016, viene mostrato un terreno, che costituisce in realtà un’ampia corte (542 mq) di pertinenza di una abitazione (89 mq), ricadente prevalentemente in zona edificabile; il valore dichiarato in 1,84 euro al mq è stato rettificato dall’Ufficio in ragione del 10 per cento del valore dell’abitazione dichiarato dalle parti.
Il secondo immobile mostrato nel servizio è costituito da un terreno agricolo, adiacente alla corte di cui alla prima compravendita, per complessivi 783 mq, il cui valore è stato rettificato avuto riguardo alla media dei valori al metro quadro dichiarati in atti di compravendita stipulati nel triennio antecedente, aventi ad oggetti beni similari ubicati nella medesima zona (nel caso specifico, ubicati nel medesimo foglio, ossia nella medesima porzione di territorio catastale).
Il quinto caso, trattato nel servizio del 23 marzo 2016, ha ad oggetto la cessione di un terreno edificabile, un terreno agricolo e un fabbricato. Nel servizio non emerge una contestazione specifica nel merito dei valori attribuiti dall’Ufficio in sede di rettifica.
Sistemi incentivanti del personale
In merito ai premi incentivanti riservati ai dirigenti, l’Agenzia precisa che per nessun dipendente la misura del premio è correlata all’importo di accertamenti emessi e andati a buon fine né, tanto meno, al numero o all’entità delle anomalie evidenziate. Gli obiettivi da raggiungere per far scattare gli incentivi, stabiliti dalla Convenzione con il Ministero dell’Economia, sono molteplici e non limitati agli importi riscossi derivanti dall’attività di contrasto all’evasione fiscale. Ciò che acquista rilievo per gli incentivi, infatti, sono una serie di parametri che riguardano, tra gli altri, l’indice di vittoria in giudizio, l’erogazione di rimborsi, la semplificazione e il miglioramento della qualità dei servizi di informazione e assistenza.
In altre parole, non c’è alcun nesso meccanico fra il recupero di un determinato importo evaso e il premio di cui beneficerebbe il funzionario che ha effettuato quel recupero. L’incentivo è una somma che complessivamente è devoluta all’Agenzia e si ripartisce poi tra tutto il personale in servizio (non solo tra i dirigenti) come premio per il raggiungimento di tutto l’insieme degli obiettivi fissati dalla Convenzione. Questi obiettivi non riguardano solo l’attività di accertamento, ma anche gli altri processi di missione, e in particolare quelli concernenti la gestione del contenzioso, l’erogazione dei rimborsi, la semplificazione e il miglioramento della qualità dei servizi di informazione e assistenza ai contribuenti, la riduzione di conflittualità dei rapporti con i contribuenti e l’impulso agli istituti deflativi del contenzioso.
Come funziona l’accertamento sulle compravendite immobiliari
Come è noto, l’imposta di registro si determina sulla base del valore del bene immobile compravenduto e, a tal fine, si prende in considerazione quello dichiarato dalle parti nell’atto o, se superiore, il corrispettivo pattuito.
Per controllarne il valore ai fini della eventuale rettifica gli Uffici dell’Agenzia si basano sui metodi indicati dalla legge (articolo 51 DPR 131/1986), ovvero, innanzitutto, sul criterio c.d. “comparativo”, che prevede il raffronto con trasferimenti, divisioni e perizie giudiziarie, anteriori di non oltre tre anni rispetto all’atto accertato, che riguardano gli stessi immobili o altri di caratteristiche e condizioni simili.
Altro criterio individuato dalla legge è quello basato sulla capitalizzazione del reddito netto – cioè il reddito netto di cui gli immobili sono suscettibili, capitalizzato al tasso mediamente applicato alla data e nella stessa località per gli investimenti immobiliari; infine, la stessa legge consente agli Uffici di utilizzare ogni altro elemento di valutazione, basandosi anche sulle indicazioni fornite all’Agenzia dai Comuni. In quest’ultimo metodo di valutazione rientra, per i terreni edificabili, il riferimento al valore della costruzione realizzabile sull’area oggetto di transazione e, per gli immobili in genere, il rinvio ai valori dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare (OMI). In ogni caso, quest’ultimi valori vengono utilizzati non in modo esclusivo ma devono essere integrati con altri elementi in possesso dell’Ufficio, come ad esempio l’entità dei mutui contratti per l’acquisizione dell’immobile, le previsioni del preliminare di vendita ovvero le risultanze del contraddittorio eventualmente instaurato con il contribuente.
Lo scostamento tra il valore normale dell’immobile, determinato in base a valori OMI, e quello dichiarato dalle parti in atto, quindi, rappresenta un iniziale strumento di selezione per l’eventuale attività di controllo, e non un elemento su cui fondare la pretesa tributaria. In altri termini, il gap tra il valore dichiarato e le rilevazioni OMI costituisce, dunque, solo un indizio, da integrare con ulteriori elementi a sostegno della pretesa tributaria.
Resta inteso che la legittimità dell’atto di rettifica, eventualmente non condiviso dal contribuente, è soggetto al controllo del giudice tributario.
Infine, nei diversi servizi, i contribuenti contestano l’assenza di qualsiasi sopralluogo. Si fa presente, al riguardo, che non vi è alcun obbligo normativo in tal senso.