Karol Wojtyla autore ed attore teatrale in scena a Caserta

CASERTA – Fede e teatro. Una rapporto complicato, talvolta contrastante, talvolta complice che corre su una linea sottile – quella della simbolicità – e si confronta con una esigenza comune: raggiungere il cuore, elevare lo spirito, toccare i cuori.

Se esiste un personaggio contemporaneo che è stato capace di unire queste intenzioni, legando fede è teatro e superando e sublimando tutte le differenze, Karol Wojtyla è l’unico, inaspettato, interprete di questa lettura. Attore ed autore nella Polonia dell’occupazione tedesca, poi giovane sacerdote della Guerra Fredda e dell’occupazione sovietica e, quindi, grande papa della fede cattolica. Queste istanze artistiche, sabato prossimo 7 maggio alle ore 21.00 presso il Teatro Comunale di Caserta – nell’ambito del progetto Tradizione&Traduzione – andranno in scena con lo spettacolo Lolek – l’uomo, l’artista, la storia.

Il giovane Karol è Lolek, Carletto. Intelligente, studioso, altruista, e goloso. Abitava al primo piano di una casa a ballatoio, due stanze e cucina, oggi trasformate in museo, tra quelle sue montagne dove poteva montare gli sci di legno o usare la pagaia nelle solitarie discese in canoa lungo i torrenti. Lolek, il monello nelle strade di una piccola città che diventerà il globetrotter instancabile dei viaggi apostolici.

Lolek è l’attore, il regista della giovane compagnia che affronta il divieto nazista delle rappresentazioni nei pubblici teatri, decidendo di andare in scena nei salotti, nelle cucine, nei sottotetti della Cracovia degli anni ’40. Sono gli anni del teatro rapsodico, «diverso da tutti i teatri “polacchi”, esso non piegherebbe l’uomo ma lo innalzerebbe e lo infiammerebbe, non lo distruggerebbe ma lo renderebbe angelico» così come lo definisce Karol scrivendo all’amico Mieczyslaw Kotlarczyk. Wojtyla ne sarà non solo ideatore, ma anche affascinante interprete ed autore, scrivendo ben tre drammi: La bottega dell’orefice, Fratello del nostro Dio e Raggi di paternità.

Lolek fu operaio, poeta, attore e drammaturgo, Karol fu teologo e filosofo le cui dimensioni spirituali coinvolsero ragione, fede e intuizione poetica. E il nesso di queste tre forze, è la cifra emblematica della spiritualità dell’uomo Lolek, il codice della sua anima. La pienezza e la perfezione d’essere non si possono rendere se non con la parola persona. Dirà: «Dio è Creatore della persona, in essa rispecchia Lui stesso. Creatore della persona, Dio è fonte della personalità individuale».

Scrisse un’ultima enciclica, ma senza adoperare le parole, perché non ce n’era bisogno. La manifestò per immagini in diretta, la prima delle quali venne in primo piano quel 13 maggio del 1981 in cui un lupo grigio sparò due colpi di pistola in Piazza San Pietro, trafiggendo Lolek, il ragazzo che voleva cantare insieme con centinaia di migliaia di papa-boys. Sopravvisse Karol, l’Atleta di Dio che alla demolizione del corpo, per quell’odioso agguato diventatogli lentamente ma inesorabilmente nemico, avrebbe opposto un’ostinata resistenza.

Lo portò in giro per il mondo – come un martirio visibile – quel corpo ogni giorno più piegato, ogni giorno più tremante, ogni giorno più disobbediente. «Un papa degno di questo nome deve passare attraverso la sofferenza» era solito dire. E per quella sofferenza implacabile, sopportata in silenzio, col trascorrere dei giorni ogni passo diventava una sfida, ogni movimento si traduceva in una mal trattenuta smorfia di dolore, ogni parola si perdeva in una scabra eco ondulare.

Fu tragica e sublime, l’ultima enciclica muta, nuda, e innocente dell’ignoto prete dell’Est miracolosamente asceso al soglio Pontificio: icona propria di un’incommensurabile Settimana di Passione che fa rivivere la divina tragedia dell’Ecce Homo!, il manifestarsi dell’essere umano nella sua fragilità, nella sua esteriore debolezza, nel suo dolorante sfiguramento; ma nello stesso tempo icona dell’uomo che ha speso la vita intera per il Vangelo, cioè per tutti gli altri uomini, amando fino all’estrema dedizione, perdonando fin oltre i confini dell’umiltà. Prima di consegnare la propria vita al Creatore.

Manifesto-Lolek-2016