
Macerata C. ‘Quando il gioco diventa distruttivo’ è il tema del convegno che si è tenuto questo pomeriggio presso la biblioteca comunale di Macerata Campania. Per l’occasione, grazie all’intervento dell’assessore Maria Assunta D’Orso e la protezione civile, è stata liberata e resa disponibile un’ampia area della biblioteca che era stata abbandonata al fine di garantire ai cittadini un’accoglienza migliore.
A moderare l’evento Vincenzo Di Gennaro, presidente dell’associazione Gioventù 2.0, che ha dichiarato:
“Ringrazio gli intervenuti, tutti gli ospiti e il vicesindaco Giovanni Battista di Matteo che mi ha invitato a presentare e moderare un incontro basato su problematiche che attanagliano molti cittadini”.
A prendere la parola il sindaco Stefano Cioffi che ha espresso la sua vicinanza a chi soffre di questa grave patologia.
“La ludopatia – ha dichiarato il sindaco Cioffi – è un fenomeno molto elevato, forse dovuto anche dalla crisi economica e dalla mancanza di lavoro. Per raggiungere un po’ di fortuna, le persone in piena disperazione si buttano sul gioco d’azzardo. È una piaga poco pubblicizzata perché ci girano intorno molti interessi, quindi vi è poca propensione a metterla in evidenza. Ogni giorno mi ritrovo a parlare con tanti cittadini che richiedono un aiuto in termini di lavoro per poter dare una dignità, una sicurezza alla propria famiglia. Spesso ho ritrovato alcuni di loro davanti le macchinette a spendere i loro pochi averi. Ringrazio il parroco per avere accesso i riflettori su questa tematica così tanto oscurata”.
È intervenuto in seguito il parroco Don Girolamo della Chiesa di S. Maria delle Grazie.
“È la prima volta – ha dichiarato il Parroco – che partecipo ad un evento pubblico. Il mio impegno è aiutare le persone. Nascono sempre più case di gioco, attività che sono immorali. Non bisogna abbassare la testa, occorre invece lottare per combattere. È immorale fare fortuna sulla disgrazia altrui, non è possibile. Sta distruggendo intere famiglie questo vizio. Ormai nei bar non si va più a prendere un caffè, ma a giocare. La dipendenza maggiore è quella delle casalinghe coi ‘Gratta e Vinci’”.
Presente anche Giuliano, un giocatore d’azzardo che ha deciso di intervenire per raccontare la sua storia e la sua guarigione: “Si è stabilito che in Italia giocano 30 milioni di persone, di cui 15 milioni in maniera patologica. Questa è una tendenza che coinvolge tutta la famiglia poichè soprattutto noi giocatori siamo molto abili a nasconderci, fino a quando un giorno ti arriva a casa l’ufficiale giudiziario a chiederti lo sfratto. C’è la possibilità di venirne fuori. Occorre prevenire, è fondamentale soprattutto nel campo delle scommesse dove vi è un’affluenza enorme. Io ho iniziato così. Noi dell’associazione Giocatori Anonimi, che è mondiale, vogliamo assicurarvi che c’è una via d’uscita, non occorre vergognarsi ma bisogna chiedere aiuto. Una dipendenza lenta, mortale, si arriva alla pazzia”.
La dottoressa Raffaella Dell’Agnena, psicologa e psicoterapeuta, ha spiegato come la stessa pubblicità possa influenzare e colpire ‘come un vero e proprio proiettile’ lo spettatore con delle parole ad effetto, come vincita, rendita, gioco, facile, casa, bonus, sogno.
“Ti introducono – ha dichiarato la dottoressa Dell’Agnena – in una realtà parallela, che in realtà non esiste. Non è un sogno, ma un brutto sogno. Tutte le dipendenze, tutte le persone che soffrono di questa patologia si illudono di poterle controllare. Inoltre illudono che le vincite siano dovute a capacità personali e non alla fortuna. Inizialmente si prova attrazione verso il gioco, che ha un vero e proprio fascino. Nasce la sfida, persone che amano la sfida, che le porta alla perdita. Un vero e proprio potere, che non riesci a gestire”.
Come spiegato durante il convegno, vi è una grande differenza tra il giocatore sociale, colui che si diverte e ha il controllo del gioco, non si interessa del risultato; e il giocatore patologico, che ha un’ossessione del gioco, che gli produce un’alterazione dell’umore con conseguenze fisiche oltre ai danni economici, familiari e sociali. Soltanto poco tempo fa, il gioco d’azzardo è stato finalmente dichiarato una vera dipendenza. Ha lo stesso funzionamento di una qualsiasi dipendenza, che sia da sostanze stupefacenti all’alcool.
Ulteriore testimonianza è stata quella di Vincenzo, giocatore compulsivo.
“La mia storia – ha dichiarato Vincenzo – nasce 17 anni fa, da una semplice serata passata al Bingo. Ero con la mia fidanzata e ci recammo lì, per passare una serata diversa. Vinsi quella sera 800 euro, da lì nacque un meccanismo irrefrenabile. Ho iniziato a raccontare bugie, per poter giocare tranquillamente, arrivando alle bische clandestine. I soldi iniziavano a mancare, e sono arrivato agli usurai, fino a quando ho subito un forte crollo psicologico, non ero più capace di intendere e di volere. Ero stato cacciato di casa, mia moglie mi aveva lasciato per poter salvaguardare il benessere dei miei figli. Ho iniziato a curarmi, sono arrivato all’associazione Giocatori Anonimi di Santa Maria Capua Vetere. L’associazione mi ha aiutato a credere in me stesso, dovevo soltanto seguire un programma. Il tutto parte dall’accettazione della malattia. Successivamente ho capito che dovevo affidarmi a qualcuno, scendendo dal piedistallo del ‘Super-Io’. Sono due anni e tre mesi che non gioco più, sono ritornato a casa con la mia famiglia, ho di nuovo il mio lavoro. Mi sento rinato”.
A seguire l’intervento della dottoressa Emanuela De Crescenzo, che ha parlato della difficoltà di controllo che vivono le persone affetta dalla ludopatia.
“Oggi grazie alla tecnologia – ha dichiarato la psicoterapeuta – possiamo giocare anche online, nel totale anonimato. L’attività del gioco d’azzardo oggi risulta ad essere tra quelle più redditizie. Noi qui stasera stiamo facendo prevenzione primaria tramite l’informazione”.
Presenti inoltre all’incontro la psicologa Angela Barbaro e la psicoterapeuta Teresa Stellato.
“Che emozioni – ha dichiarato la psicologa Barbaro – provano le persone vicine al dipendente dal gioco? Cosa possono fare per favorire un processo di cambiamento? Il vissuto emotivo di queste persone è spesso caratterizzato da vergogna: hanno timore del giudizio sociale negativo, la maggioranza dell’opinione pubblica infatti vede ancora il gioco d azzardo patologico come un “vizio” e non gli riconosce lo status di malattia, per questo motivo tendono ad isolarsi predisponendosi in questo modo a sviluppare una psicopatologia (depressione, disturbi d’ansia, disturbi psicosomatici). E se ci sono dei bambini? I bambini tendono a colpevolizzarsi per tutto ciò che accade intorno a loro ed e’ di fondamentale importanza parlare con loro, spiegargli con un linguaggio semplice ed immediato che il gioco d’azzardo patologico è una malattia e che dunque tutte le dinamiche che si innescano in famiglia non dipendono in alcun modo dal suo comportamento, offrendogli una cornice di riferimento rassicurante. Infine, per concludere, cosa possono fare i familiari e gli amici per accompagnare la persona dipendente verso il cambiamento? Possono, tra le altre cose, imparare ad esprimersi invece che colpevolizzare, ovvero parlare della sofferenza che gli procura loro questa situazione, evitando di utilizzare il “tu” che appare accusatorio e mette sulla difensiva, assumendo invece un atteggiamento che predispone al dialogo, crea maggiore apertura e coinvolgimento”.