Alice approda a New York e decide di rompere con Josh per esplorare la vita da single e conoscere meglio se stessa. L’amicizia con Robin e la vicinanza della sorella Meg, entrambe single indefesse, sembrano indirizzarla nella giusta direzione, ma ben presto Alice, anziché soddisfare il suo proposito, finisce per invischiarsi in una molteplicità di relazioni con complicazioni.
Delizia di molti e croce di altrettanti, la romcom è uno dei generi cinematografici più codificati, conservatori e impervi al cambiamento in circolazione. Ma anche i più incalliti tra i suoi detrattori non possono negare al genere una capacità unica di cogliere lo spirito del tempo – declinato attraverso protagonisti e curiosi comprimari – e di creare tormentoni destinati a riemergere nei luoghi più inaspettati, salotti bene inclusi. Ogni romcom vuole veicolare un messaggio di uso “pratico” o che possa presumere di averne uno, l’idea di una nuova tendenza che meriti di essere immortalata, di una morale da veicolare sotto mentite spoglie. Come l’enunciazione dell’impossibilità di una vera amicizia tra uomo e donna in Harry ti presento Sally, o la lettura dei segni del fato in Serendipity. Addirittura La verità è che non gli piaci abbastanza ha provato a contaminare e in parte riscrivere il glossario delle relazioni sentimentali.
Tra gli elementi che maggiormente mancano a Single ma non troppo un ruolo di primo piano spetta proprio alla latitanza di un forte assunto di base. Solo il personaggio di Alice sembra intraprendere un percorso di crescita, quello di (auto)convincersi di essere single per scoprire cosa questo significhi davvero. Ma la sceneggiatura di Abby Kohn, Marc Silverstein e Dana Fox, veterani del genere, sembra più indecisa della protagonista sulla direzione giusta da prendere. Se la Johnson si applica, cercando di aderire al ruolo schivando gli stereotipi, i suoi partner e soprattutto i suoi comprimari – ruolo fondamentale di ogni romcom che si rispetti – deludono, tra una Leslie Mann che ha smarrito per strada il corrosivo humour dell’universo Apatow e una Rebel Wilson che assomiglia più a una Borat in gonnella che a una versione millennial di Samantha di Sex and the City. Per ragioni di paternità della scrittura – il romanzo da cui Single ma non troppo è tratto è di Liz Tuccillo, sceneggiatrice della celeberrima serie – e di evidente (e dichiarata in un dialogo) influenza sul soggetto, Sex and the City resta la pietra di paragone obbligata del film di Ditter. Ma se la transizione da piccolo a grande schermo del format originario si era rivelata complicata, il suo adattamento a una nuova generazione scricchiola ancor di più.
L’unico elemento di presunta novità pare legato all’enumerazione di una serie di regole non scritte del perfetto single (dopo undici bottiglie di birra due amici di sesso opposto devono necessariamente fare sesso), evidenziate da chiassose sovraimpressioni grafiche; un espediente già visto (Scott Pilgrim vs. the World) e già divenuto abitudine. E se da principio il fatidico incontro tra il percorso di maturazione individuale di Alice e l’inevitabile viaggio/conversione/arrampicata (con ancora più inevitabile voce over) della protagonista sembra scongiurato, si tratta invece solo di una semplice proroga. Prima di giungere a questo espediente di disarmante ovvietà, lo script conduce Alice tra i grattacieli di New York, quasi a passare in rassegna i topoi legati a miriadi di romcom pregresse. Quasi a cercare una invocazione a delle muse che preferiscono ostentare sordità.
- DATA USCITA:
- GENERE: Commedia , Sentimentale
- ANNO: 2016
- REGIA: Christian Ditter
- ATTORI: Dakota Johnson, Rebel Wilson, Alison Brie, Leslie Mann, Damon Wayans Jr., Anders Holm, Jake Lacy, Nicholas Braun, Jason Mantzoukas, Colin Jost, Sarah Ramos
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