Land di Patti Smith, Nuages di Debussy e It hurts to be alone di Bob Marley sono solo alcuni dei cinquanta brani sulle cui note cantano, danzano, vivono i quattro protagonisti di Song To Song. L’ultima perla del regista filosofo Terrence Malick, attualmente distribuito nelle sale da Lucky Red.
Nel panorama musicale della città di Austin, in Texas, le storie del musicista BV (Ryan Gosling, che dopo La La Land ritorna a suonare sul grande schermo), Faye (Rooney Mara), una cantautrice e Cook (Michael Fassbender), produttore discografico, si intrecciano in un rapporto di collaborazione professionale che presto sfocia in triangoli amorosi, tradimenti, ossessioni peccaminose. Successivamente, si aggiunge anche un altro personaggio, Rhonda (Natalie Portman), una cameriera.
Una pellicola complessa che non solo si giova di un’eccezionale colonna sonora, ma vede la partecipazione di artisti del calibro di Patti Smith, Iggy Pop, John Lydon dei Sex Pistols e i Red Hot Chili Peppers, che interpretano loro stessi.
Malick ha dichiarato di esser stato da sempre attratto dai retroscena del mondo musicale, dal palcoscenico dei concerti ai camerini, e di voler calare in un contesto del genere una storia basata sulla complessità dei rapporti amorosi. E quale tela migliore su cui dipingere se non la vivida Austin, che è anche la città in cui risiede.
Quello di Malick è il cinema che trascende la mera narrazione, si avvale di dialoghi frammentati, scevro di frasi ad effetto. Perché il linguaggio è quello dei corpi, che si fanno veri protagonisti, dominando la scena e lasciando la città sullo sfondo. Corpi che dialogano con gesti semplici, movimenti lenti, tra baci e mani che giocherellano, quasi a cercarsi l’anima dentro la bocca, come in una scena il personaggio di Faye (Rooney Mara) cerca di fare con BV (Ryan Gosling). L’anima, che viene continuamente interrogata e messa in discussione dai protagonisti, in una realtà vacua, in cui il personaggio di Faye crede addirittura di averla persa, di non avercela un’anima, le imbarazza anche solo pronunciare la parola stessa.
In “Song To Song”, con riprese traballanti, voci fuori campo, parole sussurrate, a tratti lontane, quasi come se non volessero farsi ascoltare, come a nascondersi, si è immersi in un mondo che evoca. Con inquadrature che vanno ben al di là del campo medio e del controcampo, dei cliché e delle regole cinematografiche che, grazie all’abbondante uso della luce naturale, con la fotografia del pluripremiato Emmanuel Lubezki, riescono a conferire una certa tangibilità alle sensazioni dei protagonisti, alle suggestioni, ai loro sguardi, ai sospiri.
Girato contemporaneamente a Knight of Cups, questo film sembra porsi più sulla scia di To the Wonder, una delle precedenti fatiche di Malick, in cui l’aspetto religioso assume un’importanza decisiva, attraverso le domande dei personaggi, i loro monologhi, le preghiere. Ma con Song To Song, pur muovendoci in una dimensione di spasmodica ricerca personale, di domande sulla natura umana, l’aspetto religioso è meno ingombrante, perché trasferito in una dimensione più terrena.
Ci sono donne e uomini verso la strada per il successo che tra concerti, feste esagerate, sesso violento, scrutano se stessi, si interrogano sull’amore sul peccato, la misericordia, il perdono, su cosa sia l’immoralità. Interrogativi importanti, dunque, quelli che albergano questi corpi che galleggiano tra spazi chiusi e soffocanti, come quelli delle enormi ville vuote, e gli spazi aperti dei paesaggi naturali, pieni di polvere, con ruscelli, nei quali i personaggi immergono i piedi e nei cui cieli con lo sguardo seguono il volo degli uccelli, come a librarsi con loro.
Nonostante siamo ben lontani dal capolavoro del regista, Tree of Life, in cui la ricerca verso la via della Natura e la via della Grazia erano i perni assoluti di tutto il film, anche in Song To Song Malick rimane un regista criptico, visivo, fedele al suo stile, in cui l’uomo cerca sempre un contatto con la natura. Contatto che qui, attraverso la storia dei protagonisti, in particolar modo del personaggio di BV (Ryan Gosling), diviene addirittura ritorno ad una vita semplice, lontana dalle luci della città, dai riflettori dei concerti; è un ritorno alle origini. Il regista de La rabbia giovane e per citare altri dei suoi lavori cinematografici, La sottile linea rossa e The New World crea spesso dibattiti su se sia opportuno definire che il suo cinema, a volte, sfoci in una dimensione quasi metafisica, permeata da reali riflessioni filosofiche o se sia divenuto una ripetizione ridicolizzante di se stesso, quasi a sciorinare, con immagini potenti, dilemmi inconcludenti, vuoti. Ma, al di là delle controversie che dividono critica e pubblico, Terrence Malick ha un proprio stile che seduce e, in alcuni casi, riesce quasi a scavare dentro, come se lo spettatore vivesse una catarsi tramite i protagonisti dei suoi film. Commuove. Ci si lascia abbandonare a Song To Song, come per gli altri film di Malick; ai movimenti degli attori, alla sua fotografia, alla sua musica.