CASERTA – Con il monologo di Filumena Marturano interpretato da Tina Gesumaria, L’ultimo pezzo di cotone di zucchero con Giovanni Allocca e Prova d’attore messo in scena dai giovani del Laboratorio Traduzione&Tradizione si è concluso, ieri, Pensando Eduardo, iniziativa messa in atto dal progetto Traduzione&Tradizione diretto da Patrizio Ranieri Ciu.
Dopo Il berretto a sonagli nella riscrittura di Eduardo, messo in scena da Luigi De Filippo giovedì scorso, con la proposta Un giorno da teatro – che ha offerto i tre spettacoli in chiusura dell’iniziativa nell’ambito della stessa serata – si è riaperto, martedì, al pubblico il Comunale di Caserta per un altro tuffo nel mondo del grande drammaturgo napoletano.
Tina Gesumaria apre la serata con il grande monologo scritto da Eduardo per la sorella Titina. L’atmosfera è già particolarmente definita dalle scelte registiche. Sipario chiuso e l’attrice vestita di nero che, rapidamente, prende possesso della ribalta. Il monologo scorre nelle parole e nella forza di Tina Gesumaria, corre veloce, forte, si carica di immagini, diventa un racconto. E, allora, riescono a scorrere nell’immaginazione i vicoli di napoli, i quartieri più bui, i bassi, la famiglia numerosa della protagonista, il momento difficile del pasto. Poi il convincimento, la scelta, la necessità, il peccato. Il personaggio di Filumena prende vita, si fa spazio e cresce. Nella sua imponenza, nella sua insistenza, nel suo essere grande e forte insieme. E nel suo essere donna, soprattutto, nel suo essere madre, nell’amore per i figli e nel desiderio di dare dignità alla vita. Tina Gesumaria interpreta una Filumena Marturano inedita, narratrice, traduttrice di una memoria che costruisce la donna – ma anche l’uomo – nella virtù delle sue scelte. Nel suo bisogno di vita e di sicurezza.
Con L’ultimo pezzo di cotone di zucchero – atto unico scritto da Pippo Cangiano – Giovanni Allocca ed Ida Anastasio portano in scena il dramma dell’Alzheimer. Semplicità, ironia e quotidianità popolano una scena semplice dove, con pochi coloratissimi rocchi, si ricostruisce la familiarità di una cucina (e si ricostruirà, poi, la freddezza della camera di una casa di cura). Una madre, un figlio disabile, il ricordo di un padre che non c’è più. Tutto comincia con una pastiera e la sua ricetta che, seppur fatta e rifatta tante volte, la mamma – mammù – non ricorda. Ma, ritrovata l’agenda con le ricette, dopo tante piccole peripezie concentrate in pochissimi metri, il dolce non va a buon fine. Siamo a giugno… e non è tempo di pastiere.
Il racconto della sindrome di Alzheimer cresce poco alla volta, in un ritmo serrato che accende sia l’ironia che il dramma di una piccola famiglia in cui appare, di volta in folta, forte il segno che ci sia tutto da perdere tranne la propria identità. E quando la malattia inizia a scardinare proprio i ricordi, i rapporti con la propria storia, allora tutto crolla un po’ alla volta, comincia a spegnersi.
Il posto dell’agenda delle ricette, il posto degli occhiali fino alla spesa, all’ombrello, alla borsa dimenticata, alla strada di casa perduta. Tutto scompare un po’ alla volta nelle scene in cui l’affetto e la quotidianità della madre lasciano spazio ad un buio sempre più forte, alla paura alla rassegnazione.
L’atto unico è votato al capovolgimento delle parti, al figlio giocherellone che diventa responsabile curatore della mamma malata, alla madre che diventa figlia e sognatrice in un secondo tempo, ambientato in una casa di cura, in cui le linee del tempo, del ricordo, del racconto si mescolano nel sogno, come una storia senza inizio né fine. Uno spettacolo delicato che dà spazio al ricordo ed alla sua essenza come parte più importante di un oggi che non avrebbe valore senza l’impegno e l’affetto del passato.
Ha chiuso la serata teatrale Prova d’attore con la sagace ironia sullo spettacolo e sul suo «sistema». Commedia brillante, incalzate, sempre pronta a sorprendere, che i giovani attori del Laboratorio Traduzione&Tradizione – Mario Bilardi, Carlo Celotti, Francesco Maienza, Giusy Petriccione, Ivan Santinelli e Luigi Smimmo – portano in scena con indubbia professionalità.
Un Grande Attore, una commedia da provare – Chi di Aristide Tremelloni Tudorsecchi dell’Alta Val di Fasa –, una donna di casa impicciona e veniale, due attori improvvisati, una famosa critica televisiva ed un assistente regista alquanto stravagante bastano per costruire un mondo di alternanti quanto assurde situazioni in grado di provocare la risata e di allietare il pubblico senza volgarità e con squisita sincerità.
Strizzando l’occhio ai grandi maestri del passato – Scarpetta ed i fratelli De Filippo in primis – la commedia pone l’accento sull’assurdità ma anche sui drammi di talune occasioni che la vita sa offrire. Ma, soprattutto, sulla vastità di personaggi che la popolano e sulla drammatica gravità di tante, troppe condizioni che regolano il mondo dello spettacolo. Nel finale, una catastrofica prova di un improbabile spettacolo diverrà un successo planetario, unico ed inimitabile, non per talento degli interpreti ma per insidacabile giudizio della critica.
La piccola kermesse Pensando Eduardo si ricollega simbolicamente al Non ti pago messo in scena da Luca De Filippo lo scorso ottobre al Comunale di Caserta. Un omaggio del progetto Traduzione&Tradizione ad un grande autore della comicità e del dramma italiano, fine indagatore dell’animo umano.