MADDALONI (CASERTA) – Se c’è un tempo in cui la poesia di Shakespeare raggiunge i suoi vertici più alti, non può non essere la notte. Ed è la notte ad aver legato con una indissolubile poesia Shakespeariana, un esperimento teatrale realizzato martedì 14 giugno dai giovanissimi attori del Laboratorio Teatrale del Liceo del Convitto Nazionale «Giordano Bruno» di Maddaloni nel chiostro cinquecentesco e nelle stesse sale sei-settecentesche del Convitto. Uno spettacolo itinerante intorno all’opera immortale del bardo di Stratford attraverso le pagine delle sue tragedie più famose.
Si comincia con Marco Antonio ed il suo monologo tratto dal Giulio Cesare, opera scritta tra il 1599 ed il 1601. Scenografia è il chiostro del già Convento di San Francesco, testimone del passaggio dello stesso Santo. La voce è alta, il testo è pregnante, forte. Squarcia lo spazio, irrompe nella confusione del pubblico e crea il silenzio. Lo costruisce dal nulla, facendo del gruppo sparso un unico corpo ed un unico cuore. La forza di Shakespeare irrompe con il suo profondo seno umano, è il rispetto prima del rispetto, il cuore contro la barbarie.
Si salgono le scale seicentesche ed, ecco, è il sentimento a farla da padrone. Intorno ad un corrimano in ferro battuto, scivolando su gradini in basolato, la scena che si crea davanti agli occhi degli spettatori è quella del balcone di Romeo e Giulietta, scritta tra il 1594 ed il 1596. È lo Shakespeare dolce, cantore dell’amore sincero tra i due giovani veronesi a colorare l’atmosfera del momento. La dolcezza si accompagna ai sonetti del grande autore, ai versi per l’amore dell’artista per la sua amata.
Dalle scale al piccolo museo militare, sotto una grande tela settecentesca, va in scena il celeberrimo dialogo del fazzoletto dell’Otello, scritto nel 1603. Dall’amore alla gelosia, è l’odio a farla da padrone nel duro dialogo tra il condottiero veneziano e Jago in una costruzione dialogica degna delle più subdole azioni malvage. L’atmosfera angusta della sala, l’apparato militare che fa da contraltare al pianoforte – unico elemento della scena – contribuisce a sottolineare il climax feroce che, dall’amore, fa progettare la terribile vendetta verso l’amata.
Ancora dolore, ancora passione. Segue il grande, grandissimo monologo di Amleto, scritto tra il 1600 ed il 1602. L’interpretazione è squisita ed il grande salone – in cui è conservata la tela dipinta settecentesca più grande del mondo – accompagna nella straziante solitudine del castello di Elsinore e stringe attorno al dramma del più famoso principe di Danimarca. Il dramma dell’esistenza si intreccia, per la voce della giovanissima guida, al dramma di Macbeth, scritto tra il 1605 ed il 1608.
Chiude il percorso itinerante il monologo di Shylock tratto da Il Mercante di Venezia. Scritto tra il 1594 ed il 1598, il testo racchiude in sé tutta la drammatica attualità della discriminazione del diverso. Il mercante ebreo, protagonista di un lungo climax nella tragedia, apre gli occhi, adesso come allora, alla definizione di ciò che diverso non è, tra un uomo e l’altro. Un testo duro, difficile che non manca di commuovere e di emozionare.
L’esperimento dei giovani attori maddalonesi proietta il piacere del teatro entro prospettive nuove. Lo spettacolo itinerante si sviluppa entro spazi dalla indiscutibile meraviglia, che si accostano, valorizzano e sono valorizzati da una performance teatrale senza eguali. A loro vanno i complimenti per una interpretazione sincera e mai banale, delicata come solo il sogno di una notte Shakespeariana in uno splendido edificio cinquecentesco sa regalare.