CAPODRISE. «Ora ho capito perché non la chiamano più “Festa dell’Unità”». Il sindaco di Capodrise, Angelo Crescente, destinatario, nei giorni di scorsi, di un manifesto infarcito di menzogne, vittimismo e livore, risponde ai coordinatori provvisori del circolo Pd “Nilde Jotti”, Pietro Pontillo, Angelo Pontillo e Barbara Golino, e smonta, sul nascere, la polemica sulla “Festa democratica” e il presunto «boicottaggio» della maggioranza di governo. «Il 4 agosto – rivela Crescente – ho ricevuto da Pietro Pontillo, nella qualità di coordinatore del circolo “Nilde Jotti”, la richiesta di autorizzazione a occupare piazza Massaro dal 24 al 26 settembre per poter svolgere la Festa democratica. L’11 agosto mi è giunta una comunicazione dal presidente dello stesso circolo, Pietro Ferraro, nella quale egli non riconosceva la legittimità della richiesta di Pontillo. Poi, un silenzio di quasi un mese. Il 6 settembre, Pontillo mi ha riscritto per dirmi che la festa del Pd non si sarebbe fatta più in piazza Massaro, bensì in piazza De Filippo. A quel punto, pur di capirci qualcosa, ho convocato Pontillo e gli ho chiesto di sollecitare l’intervento del commissario provinciale, Franco Mirabelli, per dirimere la vicenda. Nel frattempo, però – aggiunge il sindaco –, nessuno poteva pretendere il blocco dell’attività dell’amministrazione comunale. E, stimolati dallo slancio di solidarietà avvertito dai cittadini in seguito al terremoto che ha colpito il Centro Italia, abbiamo lanciato la campagna “Capodrise solidale”, con una serie di eventi per raccogliere fondi. Solo il 16 settembre, quindi dopo la diffusione del nostro programma, Mirabelli mi ha inviato una nota, in cui ha indicato Pietro Pontillo, Angelo Pontillo e Barbara Golino quali rappresentati politici del Pd di Capodrise. Il 16 era venerdì; ieri, 19 settembre, ho rilasciato l’autorizzazione e ho formulato i miei auguri agli organizzatori per la buona riuscita della manifestazione. Questi – precisa Crescente – sono i fatti! Fatti dai quali credo emerga che la mia intenzione non fosse quella di boicottare niente e nessuno, né, tantomeno, di entrare nelle beghe interne di un partito che non è il mio. Prima di concedere l’uso di uno spazio pubblico, avevo il dovere di acquisire elementi certi, e non è colpa mia se al circolo “Nilde Jotti” sono occorsi 43 giorni per fornirmeli. Mi dispiace che i coordinatori abbiano avuto una percezione diversa, ma ciò non li giustifica a usare i titoli e i toni che ho letto in un manifesto pubblico. Quel linguaggio – conclude il sindaco – non dovrebbe appartenere alla cultura di un partito come il Pd».