
Per il secondo appuntamento della mia rubrica ‘Campania food tours’ ho deciso di raccontare un posto magico che sorge in provincia di Caserta colmo di fascino e tradizioni culinarie. Un borgo medievale ricco di leggende e misteri sorge sulle pendici dei monti Tifatini, a circa 400 metri di altitudine e a pochi chilometri da Caserta. Si tratta di quello che in epoca medievale era il centro di Caserta, ad oggi chiamato, per l’appunto, Casertavecchia. Le sue origini sono incerte, ma secondo uno scritto del monaco benedettino Erchemperto, l’Historia Loangobardorum Beneventanorum, già nell’anno 861 d.C. esisteva un nucleo urbano denominato “Casam Irtam” e cioè “villaggio posto in alto”.
Di estrema bellezza è il Duomo del borgo dedicato a San Michele Arcangelo: fu edificato attorno al 1062, anno in cui ebbe inizio la dominazione normanna che portò il paese al massimo livello di splendore. Al periodo nel quale Casam Hirtam divenne Normanna risale l’ampliamento della cattedrale che viene costruita integrando materiali di spoglio di monumenti romani di altri edifici. Allora nacque la leggenda che lega la cattedrale alle fate. Si racconta che le colonne in marmo della cattedrale provenissero dalla cattedrale dell’antica Calatia che era posta in pianura e che il loro peso non consentisse di trasportarle a Casertavecchia per l’allora impervia strada. Allora ci si rivolse alle fate che si trovavano sui monti Tifatini. Queste non si fecero pregare nell’esaudire la richiesta e ciascuna di loro trasportò una colonna con facilità per la difficile salita, volando direttamente dalla pianura alla cima del monte, tenendo ognuna di loro una colonna in bilico sulla testa. Così la costruzione della cattedrale poté finalmente essere ultimata.

Il borgo è attualmente meta di interesse turistico per via del Duomo, del campanile, dei resti del castello e delle stradine che lo compongono. Il notevole panorama fruibile in molti punti del borgo, di giorno consente di ammirare tutto il territorio casertano con la Reggia vanvitelliana fino al mare da cui si scorge l’isola di Ischia, di sera invece è un trionfo di luci e Casertavecchia si arricchisce di mistero.
La frescura del luogo e le numerose trattorie fanno sì che spesso gli abitanti dei dintorni vi vadano a trascorrere piacevoli giornate, assaporando vini e cibi locali. A Casertavecchia, ad esempio, vi è una delle cantine del Pallagrello, nome tradizionalmente attribuito ad un vitigno autoctono della provincia di Caserta: nel dialetto locale, pallarello significa infatti “rotondetto”, in riferimento agli acini del grappolo, che hanno forma piccola e tonda. È uno dei pochi casi di vitigno a bacca bianca e rossa. Si tratta di un vino dal sapore intenso e strutturato con una fortissima persistenza aromatica e finale di agrumi, le cui origini risalgono all’Ottocento e si dice che da questo particolare vitigno perfino i Borbone traessero il loro vino preferito. Per quanto riguarda il cibo c’è solo l’imbarazzo della scelta tra i migliori piatti della tradizione culinaria montana dalla provincia: pappardelle al sugo di cinghiale, salumi e formaggi dell’alto casertano, ma anche piatti più particolari come la “paposcia” un panino realizzato con la pasta della pizza e ripieno di salsiccia e friarielli.
Ecco le altre immagini del borgo: