G8 di Genova, a 18 anni dai fatti della scuola Diaz la verità dell’ispettore capo Maurizio Panzieri

GENOVA 20/07/2001 G8 MANIFESTANTI NO GLOBAL DURANTE GLI SCONTRI CON LA POLIZIA FOTO IPP/POGGI

Poliziotto con un curriculum caratterizzato da encomi e medaglie per il suo impegno contro la criminalità, l’ispettore capo in pensione  Maurizio Panzieri – vicentino d’origine ma casertano d’adozione – fa appello alle istituzioni in merito alla vicenda giudiziaria del G8 di Genova, che lo ha visto assolto in primo grado e condannato nei due successivi gradi di giudizio per le brutali violenze perpetrate ai danni di inermi cittadini nel comprensorio scolastico Diaz in via Battisti a Genova il 20 luglio 2001.

Panzieri, nel corso del lungo iter giudiziario, ha lamentato diverse violazioni del diritto della difesa, sancito dalla Costituzione, e si sente capro espiatorio di un processo che non ha mai visto imputati e che quindi ha lasciato impuniti, i responsabili di quel barbaro pestaggio.

Da qui la sua richiesta di giustizia, con una lettera aperta indirizzata alle massime Autorità dello Stato, che pubblichiamo integralmente.

 


 

Lettera aperta di un uomo dello Stato nei confronti delle massime Autorità dello Stato.

Sono l’ex ispettore Maurizio Panzieri, appartenente alla Polizia di Stato, uomo dello Stato coinvolto nei fatti del G8 di Genova. Sono uno dei vari “capro espiatorio” condannati nel Processo del G8 di Genova senza aver posto in essere nessun reato, infatti, tengo a precisare che, lo stesso PM che trattò il Processo all’epoca dichiarò nelle fasi processuali che a mio carico non vi era nessuna prova di aver posto in essere azioni di violenza, perché questa è la VERITA’, in primo grado venni assolto, mentre in secondo grado venni condannato per falso, sulla base di due consulenze che andavano a ribaltare quanto stabilito in primo grado dall’incidente probatorio e dal CTU nominato dal tribunale, dove in secondo grado non venne rispettato il principio del contraddittorio, negandomi il diritto di difesa.

Il sottoscritto è orgoglioso di essere un uomo dello Stato che nella sua carriera si è fregiato di innumerevoli azioni a difesa dello Stato contro la criminalità organizzata e, in special modo, per aver collaborato contro il traffico degli stupefacenti, e per un puro caso della sorte essersi trovato nel periodo del G8 di Genova all’interno della scuola Diaz, passata alla storia come luogo infernale.

All’epoca facevo parte del VII nucleo del Primo reparto mobile di Roma aggregato dalla Scuola della Polizia di Stato di Caserta, con la qualità di istruttore senza rivestire nessun ruolo di comando, il quale reparto nei tre giorni dei fatti di Genova durate il G8 ha in modo onorevole compiuto il suo dovere senza arrecare danni, ma tutelando solo la sicurezza dello Stato e della cittadinanza, la quale presa da passione patriottica è stata l’unica a darci in quei tre giorni momenti di conforto e supportandoci moralmente.

Il fatto della Scuola Diaz si è compiuto la sera del terzo giorno, dove noi del VII nucleo del Primo reparto mobile di Roma eravamo stati esclusi di partecipare, poi una telefonata delle Autorità di comando dell’epoca di Genova ci comandava di partecipare all’azione, ma posso con certezza affermare, e lo stesso è stato dichiarato dai testimoni nel Processo del G8 di Genova, che non siamo stati i primi ad arrivare alla Scuola Diaz, anzi forse gli ultimi, visto che avendo staccato da un servizio ininterrotto di tre gironi, ci eravamo recati al ristorante per rifocillarci, poi visti vari problemi di organizzazione arrivammo con un lauto ritardo, ma questo non è bastato per evitare una condanna ingiusta, tra l’altro una condanna nella quale testualmente non sono stati condannati coloro che posero in essere le azioni di violenza ma un piccolo gruppo del VII nucleo del Primo reparto mobile di Roma, invece dei 350, si dei ben 350 agenti delle varie forze dello Stato ad essere intervenute all’interno della Scuola Diaz, così come dichiarate dal Tribunale di Genova.

Posso definirmi il “capro espiatorio”, uno di quelli che servivano per essere condannati, ma se si è potuto accertare all’interno del Processo di I grado che il sottoscritto non ha commesso nessuna azione contro nessun essere umano, perché devo essere io ad essere condannato, tra l’altro anche ad un risarcimento che mi vedrà in ginocchio economicamente? In più ci tengo a precisare che nel primo processo venivo assolto perché nessuno aveva trovato a mio carico prove di colpevolezza.

Perché sono stato condannato nel processo d’Appello, procedimento dove purtroppo sono stati calpestati i principi basilari della procedura penale, ove non è stato garantito il contraddittorio della difesa, quindi mi è stata negata da parte dello Stato a cui ho sacrificato la mia intera esistenza la possibilità di difendermi, perché? Tra l’altro l’Italia proprio per questo fatto è stata più volte ripresa dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo la quale testualmente ha affermato che “per ribaltare la sentenza di assoluzione di primo grado il giudice di appello deve risentire il testimone”, perché nel mio caso non è stato fatto? Nel mio caso il giudice ha omesso di sentire il testimone decisivo che mi avrebbe nuovamente scagionato, perché questo? Forse perché nel nostro Stato esistono cittadini di serie A e di serie B, ed io faccio parte delle serie B?

Quindi devo essere condannato per fatti che non ho compiuto io, ma posti in essere da colleghi che hanno giurato come me fedeltà nei secoli alla Patria, perché? Ma nel nostro Ordinamento non esiste il principio che una persona deve essere condannata per quanto da egli stesso compiuto? Ma se io non ho commesso azioni violente la mia condanna su cosa è basata?

In più tengo a precisare che l’accusa di falso circa il fatto di aver ricevuto la comunicazione, e come da regolamento interno aver io stesso provveduto alla relazione che il mio collega mi comunicava che all’epoca dei fatti venne colpito al petto da un uomo e dalla colluttazione vennero provocate delle lacerazioni alla giubba che indossava, tale fatto, che è vero, venne avvalorato dal perito CTU nominato all’epoca dal tribunale, ed in secondo grado venne cancellato l’incidente probatorio di primo grado grazie a due consulenze di parte le quali, grazie un gioco di parole, senza basi, hanno ribaltato il tutto, e proprio qui mi venne negato il diritto di difendermi, e dal quale ne sono uscito condannato senza aver commesso nulla.

Ora mi rivolgo a voi che rivestite le più alte Cariche dello Stato, vi imploro, fatemi essere convinto che il nostro è uno Stato meraviglio, fatemi credere che il mio giuramento alla Patria sia tutt’ora valido ed esistente, mi sembra quasi di vivere da un ventina di anni con una forte indigestione provocata da un piatto indigesto di tortelli alla zucca, e poi signori miei tutti i fatti che sono usciti fuori circa il caso G8 di Genova sono solo la punta dell’iceberg, ed io più volte scagionato da innumerevoli testimonianze di non aver commesso azioni delittuose vengo condannato?

Non fatemi credere che faccio parte della serie B della cittadinanza, ma che l’Italia è una e indivisibile fondata sui principi democratici, ed è un meraviglioso Paese che tutela la sua cittadinanza tutta e senza discriminazioni, ove condanna in base ai principi giuridici e costituzionali chi pone in essere dei reati ed assolve chi è stato veramente nei secoli fedele. Dov’è lo Stato in cui ho creduto? Chiedo il vostro AIUTO!

 Maurizio Panzieri