Su internet sono ormai numerosissimi i video-promoter che chiedono di votare sì per non rinnovare le concessioni alle piattaforme che si trovano a meno di 12 miglia nautiche dalla costa e dunque per fermare le Trivelle.
Dunque facciamo un po’ di chiarezza su cosa andremo a votare:
PER IL SI
Se al referendum del 17 aprile vincesse il SI, entro 5-10 anni le concessioni verrebbero a scadere e quindi l’attività estrattiva dovrebbe cessare. Oggi le concessioni hanno una durata di trent’anni, prorogabili di dieci. Con il Sì non si elimina la possibilità di proroga: ci sarebbe la cessazione nel giro di alcuni anni delle attività attualmente in corso, tra cui quelle di Eni, Shell e di altre compagnie internazionali. Il Sì al referendum è sostenuto da una rete di comitati, il No Triv, riunito in un coordinamento nazionale. I comitati locali sono principlamente nelle regioni interessate dalle trivellazioni. Per il Sì sono anche le principali organizzazioni ambientaliste, comprese Greenpeace, Legambiente e Wwf.
Ed è proprio con Greenpeace che 12 grandi artisti italiani ( Ficarra e Picone, Nino Frassica, Claudia Gerini, Elio Germano, Valeria Golino, Flavio Insinna, Noemi, Piero Pelù, Isabella Ragonese, Claudio Santamaria e Pietro Sermonti) si schierano per il SI.
Una vittoria del Sì avrebbe un effetto politico e simbolico ben più forte dello specifico referendario. Spingendo la politica a fare quei passi verso le energie rinnovabili che in altri paesi europei sono stati fatti negli anni passati e che in Italia sono al palo, o quasi.
PER IL NO
I contrari al referendum del 17 aprile non si trovano solo nel governo o tra i petrolieri. Dubbi sono stati espressi anche nella Cgil, che teme la perdita dei posti di lavoro: il progressivo abbandono delle concessioni causerebbe una emorragia di posti di lavoro. Il settore estrattivo occupa circa 40mila persone. C’è un’altra obiezione, più generale, che i sostenitori del No (o del mancato quorum) avanzano. È quella del fabbisogno energetico. Le trivellazioni nel mare italiano, in particolare quelle entro le 12 miglia oggetto del referendum, estraggono principalmente gas metano coprendo circa il 10% del fabbisogno nazionale. In misura minore si estrae petrolio. In prospettiva anche i sostenitori del NO auspicano la crescita dell’utilizzo delle delle energie verdi ma nel frattempo non si può rinunciare a quello che abbiamo. Andrebbe sostituito da corrispondenti importazioni. Essendo referendum abrogativo, un’eventuale bocciatura lascerebbe la situazione inalterata: cioè, le ricerche e le attività petrolifere attualmente in corso potranno proseguire fino alla scadenza. Dopo la scadenza, le compagnie potranno presentare una richiesta di prolungamento, che deve essere approvata in base a una valutazione di impatto ambientale.
Se vince il no (o se non si raggiunge il quorum) le estrazioni di idrocarburi non avranno scadenza certa: in molti casi potrebbero proseguire fino all’esaurimento del giacimento.