La legge regionale 15/2015 sul “Riordino del servizio idrico integrato ed istituzione dell’Ente Idrico Campano” impone al nostro Consiglio Comunale (e a tutti i comuni campani) di approvare l’adesione all’ E.I.C., pena il commissariamento.
L’E.I.C. esprime un organo che affida la gestione dell’acqua nei 5 ambiti territoriali in cui è divisa la regione (San Nicola la Strada è inserita nell’ATO, Ambito Territoriale Ottimale, denominato Terra di Lavoro), e può decidere di affidare la gestione sia ad una S.p.A., quotata in Borsa, che ad una Azienda Speciale Consortile senza scopo di lucro.
Tale organo è chiamato Comitato Esecutivo ed è costituito da venti membri che vengono eletti dai consigli di distretto dei 5 ambiti. Queste venti persone sono Sindaci delegati dai propri ATO che hanno il potere di assegnare la gestione dell’acqua in tutta la Regione.
La criticità di questa legge è proprio nell’accentramento di potere nelle mani di poche persone e nell’impossibilità da parte dei cittadini di controllare l’operato del Comitato Esecutivo.
Fino ad oggi, infatti, se ai cittadini di San Nicola la Strada non andava bene la gestione del servizio idrico essi potevano recarsi in Comune e fare pressione sul Sindaco, che a loro doveva rispondere dal punto di vista elettorale.
Con questa legge, invece, non ci sarà alcun controllo da parte dei territori ma, al contrario, si aumenta la vulnerabilità alle pressioni lobbistiche e malavitose, in quanto i soggetti con cui “trattare” per ottenere il massimo risultato sono diminuiti in maniera esponenziale, se si
considera che prima la gestione dell’acqua era in mano ad ogni Comune. Per questo riteniamo che questa legge sia pericolosa, soprattutto alla luce delle cronache giudiziarie degli ultimi tempi che hanno visto all’ordine del giorno arresti e commissariamenti.
Premesso che il nostro Ente era obbligato ad aderire all’E.I.C., che cosa si poteva fare per migliorare la situazione? Quello che abbiamo chiesto in Consiglio Comunale con gli emendamenti proposti ma, purtroppo, rigettati. Ossia far inserire una riserva all’adesione all’E.I.C. (una misura
cautelativa giuridicamente prevista dal nostro ordinamento e che in seguito sarebbe stata molto utile in caso di impugnazione) e soprattutto impegnare il nostro Sindaco a perseguire, con gli altri Sindaci del distretto Terra di Lavoro, la via dell’affidamento della gestione dell’acqua nei
comuni casertani ad un’azienda speciale consortile senza scopo di lucro e
non ad una S.p.A. che, naturalmente, persegue un profitto.
Il Comitato Esecutivo è composto da Sindaci eletti dai Sindaci degli ambiti distrettuali, a loro volta eletti dai Sindaci dei Comuni ricadenti nei distretti.
Il potere elettivo dei Sindaci è commisurato al numero di abitanti dei Comuni che rappresentano e il nostro Sindaco ha una buona possibilità di essere eletto nel Comitato Esecutivo.
Avremmo voluto che il Sindaco si impegnasse per perorare la causa della gestione da parte di un’Azienda Speciale consortile (prevista dall’art. 114 TUEL): essa non ha scopo di lucro ma è vincolata al pareggio di bilancio, ossia con i soldi dei cittadini deve coprire le spese di gestione, come la manutenzione delle infrastrutture e il pagamento degli stipendi ai
lavoratori, e ciò che resta lo utilizza per abbattere i costi delle bollette e per migliorie varie del servizio. Al contrario, una S.p.A. persegue, lecitamente, il profitto, e quindi i soldi dei cittadini
serviranno per fare utili da dividere tra gli azionisti, con la tariffa che dovremo pagare che
verrà decisa in un consiglio di amministrazione, che abbiamo la presunzione di ritenere molto lontano dai bisogni dei cittadini sui territori. Ci auguriamo di sbagliarci, ma tutto ci porta a pensare che, invece, si vada verso una gestione da parte di soggetti che hanno interesse a trarre
profitti privati su un bene primario e vitale. Tutto ciò in spregio ai 27 milioni di cittadini italiani che si sono espressi, nel referendum del 2011, per una gestione pubblica dell’acqua.