Emilia Bersabea Cirillo con il romanzo Non smetto di aver freddo (L’Iguana editrice) vince la XI edizione del Premio Mariateresa Di Lascia

[wp_ad_camp_3]

È stato assegnato la sera di sabato 15 settembre durante la cerimonia tenutasi a Rocchetta Sant’Antonio (Foggia). Il Premio nazionale di narrativa Mariateresa Di Lascia, infatti, è organizzato dai comuni di Rocchetta Sant’Antonio e Fiuminata (Macerata) che costituiscono le tappe fondamentali della vicenda umana e letteraria della scrittrice Di Lascia, e le cerimonie di assegnazione del Premio si svolgono alternativamente nei due comuni promotori.

L’anno scorso fu vinto da Michela Murgia con Chirù (Einaudi) e, prima d’ora, solo nel 2015 venne assegnato a un romanzo edito da una piccola casa editrice (Sul corno del rinoceronte di Francesco Bellino – L’asino d’oro). Cirillo pubblica con L’Iguana editrice, coraggiosa realtà editoriale indipendente di Verona e, dopo Non smetto di aver freddo, per la stessa editrice sono usciti nel 2017 i racconti Potrebbe trattarsi di ali, finalisti alla IV edizione del Premio Anna Maria Ortese.

Abbiamo intervistato Emilia Bersabea Cirillo, subito dopo la premiazione:

1) Come si sente ad aver vinto un premio così prestigioso?

Sono orgogliosa ed emozionata. Ho amato tanto Passaggio in ombra di Mariateresa Di Lascia, e unire il mio nome al suo, in questo premio, mi indica una traccia: continuare a scrivere dei miei luoghi, dell’Irpinia, delle donne irpine è quello che farò. “Scrivi del tuo villaggio e avrai scritto del mondo intero” diceva il grande Tolstoj.

2) Il romanzo Non smetto di aver freddo è una storia dura ambientata tra Avellino, Napoli, Atrani sulla costiera amalfitana e Frigento, un paese dell’Appennino irpino. Quanto conta vivere il territorio per poter scrivere ad alti livelli?

Parlare dei luoghi è fondamentale. Scrivere per me vuol dire partire proprio dalle cose che si vedono, attraversarle. Lo spazio si riempie di parole, perché la parola scritta è dura come la pietra. La vita in fondo è una pressa. Ti modifica. Ti distorce, mentre le parole ti fanno compagnia. Leniscono la solitudine.

3) Ha scelto di pubblicare questo romanzo (ma anche una successiva raccolta di racconti) con una casa editrice indipendente che si sta facendo largo nell’ultimo anno. Come mai?

Credo nelle piccole case editrici, che cercano scritture di qualità e storie mai scontate. Dopo alcuni rifiuti dei grandi gruppi editoriali, sono approdata a L’Iguana editrice grazie a una scrittrice e amica, Saveria Chemotti, che aveva letto il mio romanzo. Tra donne “eccellenti” si creano reti di solidarietà. Chiara Cecilia Turozzi, la direttrice editoriale, ha creduto subito nella forza di Non smetto di aver freddo. Non la ringrazierò mai abbastanza.

4) Un augurio per l’editoria italiana. Quale sarebbe il suo?

Spazio per chi ha storie immaginifiche e linguaggio nuovo. Il mondo della scrittura ha fame di talenti veri, di storie che coinvolgano e aiutino a pensare. La lettura di certi testi può, anzi deve aiutare a convertirsi. Oggi c’è troppa offerta e troppa poca qualità. Ritrovare un passo lento, ritrovare respiro.

Dalla seconda di Non smetto di aver freddo:

Un vincolo potente e senza via di scampo unisce le due protagoniste di questo romanzo incalzante. Cresciute insieme dalle suore in orfanotrofio, dopo aver smarrito le tracce una dell’altra si incontrano nel posto sbagliato al momento sbagliato, e una raffica di ricordi, slanci e rivelazioni scuote le loro esistenze. Al punto che la placida Dorina, aggrappata al fantasma della madre, decide di tagliare corto e scommettere tutto sul proprio desiderio, mentre Angela, tormentata da un amore devastante, accetta di pagare un prezzo altissimo per riscattare entrambe.
Con una prosa asciutta e precisa, che alterna sapientemente due voci, presente e passato, lingua nitida e piglio dialettale, Emilia Bersabea Cirillo delinea ritratti esemplari, fallimenti clamorosi, occasioni afferrate al volo, senza perdere di vista il contesto sociale e politico di una provincia del Sud costretta a nuove migrazioni. E mostra che anche quando fuori imperversa una tempesta di neve, il freddo che si insinua sotto la pelle proviene sempre da un luogo profondo e inaccessibile.

Emilia Bersabea Cirillo, architetta, vive e lavora ad Avellino.
Ha pubblicato Il pane e l’argilla. Viaggio in Irpinia (Filema, Napoli 1999), i racconti di Fuori misura (Diabasis, Reggio Emilia 2001), Premio Chiara 2002, i romanzi L’ordine dell’addio (Diabasis, Reggio Emilia 2005), finalista al premio Domenico Rea, e Una terra spaccata (Edizioni San Paolo, Milano 2010), vincitore del Premio Maiella e del Premio Prata, i racconti Gli incendi del tempo (et al.edizioni, Milano 2013), il romanzo Non smetto di aver freddo (L’Iguana editrice, Verona 2016) e la raccolta Potrebbe trattarsi di ali (L’Iguana editrice, Verona 2017) finalista al premio Anna Maria Ortese.
Non smetto di aver freddo è vincitore della XI edizione del Premio letterario Minerva e della XI edizione del Premio letterario Maria Teresa di Lascia.